top of page

WhatsApp e il nuovo sistema di crittografia end to end

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

Sicurezza e privacy, un paradigma a volte discordante

In un periodo relativamente caldo in tema di privacy, come ha recentemente dimostrato il caso tra Apple e FBI vedi articolo (Apple presenta i suoi nuovi dispositivi al Keynote del 2016), Jan Koum e Brian Acton, fondatori del celeberrimo servizio di messaggistica istantanea multi piattaforma WhatsApp ( acquisita dalla Facebook Inc.), hanno deciso di implementare con l’ultima relase dell’applicazione un sistema di criptazione dei messaggi in grado di garantire la totale riservatezza durante le comunicazioni. Stiamo parlando di un particolare sistema di crittografia dei dati chiamato end-to-end, ideato già nel 1991 dal programmatore Phil Zimmermann, il quale permette la criptazione di qualsiasi contenuto inviato o ricevuto da un utente all’ altro tramite l’utilizzo di due chiavi di cifratura, una pubblica e l’altra privata, che consentono la visualizzazione dei dati solamente a chi le possiede, ovvero il mittente e il destinatario del messaggio, negando così ogni possibile tentativo di intercettazione da parte di hacker, agenzie di sicurezza governative e persino dei tecnici WhatsApp.

I server di WhatsApp dunque non conserveranno più al loro interno i messaggi che transitano, ma serviranno solamente da ponte per la loro trasmissione, negando di fatto ogni tipo di accesso ad esterni.

Questo sistema renderà certamente più sicuro il modo di comunicare di ormai un miliardo di persone, se pur in ritardo rispetto ad altri servizi simili come Telegram o Signal che hanno invece fondato il loro successo proprio sul massimo rispetto della privacy.

Questo nuovo accadimento ha contribuito ad alimentare ulteriormente l’acceso dibattito tra sostenitori della privacy personale sopra ogni cosa e difensori della sicurezza nazionale e sovranazionale, che a volte per essere implementata necessita proprio della violazione di privacy di organizzazioni e individui.

Quello che ci chiediamo, dunque, è se la troppa privacy possa paradossalmente ritorcersi contro.

Teoricamente un sistema di criptazione come quello reso disponibile da WhatsApp o da altri fornitori infatti permetterebbe, così come per gli utenti normali, anche a criminali e terroristi di comunicare in assoluta “segretezza”, e in caso di rischio o di effettivo dolo non potrebbero essere intercettati, né le case fornitrici del servizio di comunicazione si dimostrerebbero ben disponibili ad elargire informazioni o dati sui propri utenti al fine di non creare precedenti che potrebbero infrangere il delicato equilibrio esistente tra privacy e sicurezza. D’altro canto implementare sistemi di sicurezza informatica sempre più sofisticati per garantire la massima privacy, (ci) permette di difenderci da quegli stessi criminali che potrebbero questa volta impossessarsi dei nostri dati, come quelli di un istituto bancario e così via causando gravi danni.

La risposta alla precedente domanda sembra dunque risiedere in un limbo, infatti quello sulla privacy è un argomento molto sensibile che ci troveremo ad affrontare sempre più spesso in un futuro dove la tecnologia sembra da un lato garantire dall’altro distruggere la privacy dei cittadini nel mondo.

Quello che ci auspichiamo è che si possa raggiungere un equilibrio ottimale tra sicurezza collettiva e privacy personale, senza che alcuna delle due prevalga o sia danneggiata dall’altra.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

bottom of page